25/08/94
Mi ritrovo a trent'anni e devo imparare tutto o quasi di una vita che mi stava sfuggendo dalle mani. L'ho afferrata per i capelli e non la conosco. Sono fra la gente con l'ingenuità di una vita bloccatasi a vent'anni e mi accorgo di quanto siano rese complicate le normali vicende dell'esistenza. Mi rendo conto dell'affanno, dell'ansia, dell'angoscia che colpisce l'umanità in questo suo rincorrersi di sogni, desideri, illusioni e fallimenti che pare essere il giorno quotidiano.
Sempre ad inventarsi qualcosa, sempre oltre.
Alzati Uomo e cammina e non desiderare faraoniche piramidi, se queste dovranno comunque contenere il tuo cadavere. Il tuo destino sarà la sabbia che calpesti, il tuo dovere la terra che la genera, il tuo complementare la gente che su questa terra incontri. Le tue parole saranno "io ho" e non "io voglio". Comprendi dunque il geroglifico dell'anima e decifralo con un programma della mente, non sognare un infinito che già che possiedi nel variare di infiniti giorni che incessantemente salgono al sole o discendono in oscure tenebre per risorgere all'alba di certi e magici domani.
Un destino non può essere mai solo un destino.
Si amalgama alle scelte, agli incontri, agli attimi che come meteore illuminano o collimano nell'universo, si stempra nelle decisioni, si compie in mille passioni, sì da creare quell'opera unica che è la vita. Così singolare nella sua individualità, eppure così universale in quel suo sommerso subire i condizionamenti di una intera umanità, le svolte della storia, le variabili di una geografia, e nel provocarli a sua volta.
Appagati dunque, Uomo, di questo tuo compito, meraviglioso e grave. Accontentati di quell'esserci che già di per sè giustifica l'esistenza, dipingi il cammino che ti attende coi murales di una vita, o almeno trova la tavolozza dei colori di cui disponi.
Felice sarà colui che terminerà l'opera ponendovi una consapevole firma, giacchè troppi si fermano alla tela, molti abbozzano opachi ed oscuri colori, pochi creano un bel quadro e rari sono i capovalori.
Vale la pena dipingere comunque, tracciare il sogno o il solco di un disegno o di un segno, stemperare l'anima in colore che l'impulso vuole caldi, accesi o comunque forti e ben evidenti, e cercare poi le sfumature più consone ad un insieme che la mano dell'artista ed il tempo renderanno sempre più comprensibile.
Così l'opera che ogni uomo porta a termine col finire dell'esistenza può essere un'opera al nero o al bianco e noi, novelli Zenone, cerchiamo l'alchemica formula di una felicità che, come pietra filosofale, non esiste al di fuori dello spirito dell'individuo stesso. Si chiami dunque Graal o tempo perduto il fine ultimo di una ricerca, questa nobilita l'animo che l'intraprende per la capacità di perseguire un obiettivo, ma non credo possa costituire l'essenza di un'esistenza che sterilmente si affannerebbe nella rincorsa di simboli che giustifichino l'incapacità a vivere.
perle d'ottone
16 anni fa
Nessun commento:
Posta un commento